Una famiglia Padovana
di fotografi
Menotti Danesin
(1894-1976)
Il “Gran Caffè Pedrocchi”, poi il bar Coccodrillo, il bar Missaglia in via Gorizia erano i punti d’incontro con “I tosi”, come lui li chiamava, ma da lì passavano altri “tosi” che si univano e ognuno portava le proprie quotidianità, i propri patemi e frizzi artistici. Erano Pendini, Campigli, Lovisetto, Disertori, Longinotti, Saetti, De Pisis, Fasan, Galuppo, Morato, Lazzaro, Zancanaro, Dal Pra, e inoltre – fra i più cari – lo scultore Amleto Sartori con le sue maschere, lo scultore e gallerista Mandelli, Strazzabosco, la pittrice Cassoli, Menegazzo che si firmava Amen, il critico Fiocco e gli architetti Mansutti, Brunetta, Fagioli, Ponti e molti, molti altri. Alcuni arrivati dopo, l’allora giovane Romanin Jacur e il giovanissimo Galeazzo Viganò. Menotti Danesin, legatissimo a Pendini e a Lovisetto, riusciva con la sua serenità di giudizio e la sua autorevole mediazione a farli dialogare nonostante i due avessero idee politiche e caratteri diametralmente opposti.

Le attrezzature fotografiche in uso di Menotti Danesin.

In Salone ogni due anni c’era la mostra del Triveneto a cui aderivano tutti i maggiori artisti. Una mostra molto apprezzata anche da galleristi milanesi, fra i quali Gian Ferrari che venivano a vedere le novità e gli umori di questa regione così prolifica di talenti artistici.

Gli artisti Calani, Mandelli,
Gianferrari e Menotti Danesin.

Menotti Danesin e lo scultore
Carlo Mandelli, Triveneta 1963.
Danesin saliva i gradini fino alla sala dell’esposizione con l’immancabile cavalletto di legno e un’enorme borsone verde a tracolla colmo di lastre vergini che comperava rigorosamente solo in un magazzino a Venezia, a Santa Fosca. Sua fu la cura fotografica della Biennale d’arte Triveneta e della Mostra del Bronzetto fin dalle loro prime edizioni. Menotti con i suoi scatti diede memoria a tutte quelle manifestazioni. La gallerista Peggy Guggenhaim (1898-1979) curiosa di questi nuovi movimenti artistici, divenne un’amica particolarmente devota non mancava mai dall’America di inviargli i suoi saluti e, come testimonia la figlia Fernanda, il padre era una delle persone che desiderava incontrare quando veniva in Italia. Molti pittori, e scultori arrivavano a lui per il passaparola sulla sua particolare tecnica fotografica, per la stampa che era quasi sempre per contatto ma soprattutto per la magia del suo ritocco.

Menotti Danesin col pittore Amen
(Antonio Menegazzo), 1970.

Il pittore Fulvio Pendini
con Menotti Danesin.
