Una famiglia Padovana
di fotografi

Menotti Danesin 
(1894-1976)

Il “Gran Caffè Pedrocchi”, poi il bar Coccodrillo, il bar Missaglia in via Gorizia erano i punti d’incontro con “I tosi”, come lui li chiamava, ma da lì passavano altri “tosi” che si univano e ognuno portava le proprie quotidianità, i propri patemi e frizzi artistici. Erano Pendini, Campigli, Lovisetto, Disertori, Longinotti, Saetti, De Pisis, Fasan, Galuppo, Morato, Lazzaro, Zancanaro, Dal Pra, e inoltre – fra i più cari – lo scultore Amleto Sartori con le sue maschere, lo scultore e gallerista Mandelli, Strazzabosco, la pittrice Cassoli, Menegazzo che si firmava Amen, il critico Fiocco e gli architetti Mansutti, Brunetta, Fagioli, Ponti e molti, molti altri. Alcuni arrivati dopo, l’allora giovane Romanin Jacur e il giovanissimo Galeazzo Viganò. Menotti Danesin, legatissimo a Pendini e a Lovisetto, riusciva con la sua serenità di giudizio e la sua autorevole mediazione a farli dialogare nonostante i due avessero idee politiche e caratteri diametralmente opposti.

In Salone ogni due anni c’era la mostra del Triveneto a cui aderivano tutti i maggiori artisti. Una mostra molto apprezzata anche da galleristi milanesi, fra i quali Gian Ferrari che venivano a vedere le novità e gli umori di questa regione così prolifica di talenti artistici.

Danesin saliva i gradini fino alla sala dell’esposizione con l’immancabile cavalletto di legno e un’enorme borsone verde a tracolla colmo di lastre vergini che comperava rigorosamente solo in un magazzino a Venezia, a Santa Fosca. Sua fu la cura fotografica della Biennale d’arte Triveneta e della Mostra del Bronzetto fin dalle loro prime edizioni. Menotti con i suoi scatti diede memoria a tutte quelle manifestazioni. La gallerista Peggy Guggenhaim (1898-1979) curiosa di questi nuovi movimenti artistici, divenne un’amica particolarmente devota non mancava mai dall’America di inviargli i suoi saluti e, come testimonia la figlia Fernanda, il padre era una delle persone che desiderava incontrare quando veniva in Italia. Molti pittori, e scultori arrivavano a lui per il passaparola sulla sua particolare tecnica fotografica, per la stampa che era quasi sempre per contatto ma soprattutto per la magia del suo ritocco.