LE RAGAZZE DI IERI
Marsilio 2000
Fotografia
a cura di
Anna Maria Zanetti e Luccia Danesin
LE RAGAZZE DI IERI
Immagini e testimonianze del movimento femminista nel Veneto degli anni Settanta. (Marsilio 2000)

Chi erano le giovani donne che diedero vita al movimento femminista padovano? E come si espresse il rapporto con la città di Padova che vide svolgersi manifestazioni, sit-in e mostre, durante anni importanti che determinarono una nuova consapevolezza femminile e cambiarono la faccia della società?
Due anni dopo Una ferma utopia sta per fiorire (Marsilio Editori) che delineava la biografia del femminismo veneto, Anna Maria Zanetti continua con questo volume la sua opera di recupero della recente memoria storica femminile. Ne risulta un libro Le ragazze di ieri (Marsilio Editori) che integra e rafforza il precedente basandosi sulle preziose fotografie di cronaca di Luccia Danesin e avvalendosi delle testimonianze, vivaci e attualissime, di scrittrici, insegnanti, giornaliste, poete che esprimono cosa significò far parte del movimento femminista.
Le immagini sono essenziali, dirette, capaci di cogliere e di far rivivere gcsti, emozioni, fatti che sono stati parte integrante di una generazione di donne. E la prima volta che in Italia si pubblica un libro con un numero così rilevante di fotografie sul movimento. Gli interventi, con toni diversi, con luci e ombre, hanno come elemento comune la tranquilla fierezza di aver partecipato a una stagione unica dal punto di vista politico, culturale e umano.
Interventi:
Dedicato a Carla Lonzi di Virginia Baradel.
Nel 1974 quando ho incontrato il femminismo di Lucia Basso.
Quando è cominciato il femminismo per me? di Giuliana Beltrame.
Come testimoniare? di Maria Luisa Biancotto.
Kilroy è stato qui di Flavia Busatta.
Amarcord femminista di Sandra Busatta-
Compagna femminista di Alisa Del Re.
Une jeune fille rangée di Daria Martelli.
Cosa è stato il femminismo per me? Cosa mi ha dato e cosa continua a darmi? di Maurizia Rossella
Documenti d’archivio: una nota di Luccia Danesin
Facevo parte del Centro di Documentazione della Donna di Padova. Avevo una Nikon F (macchina fotografica mitica, per quei tempi). Nelle manifestazioni femministe mi muovevo, con nonchalance, cercando di non dare troppo nell’occhio perché a Padova, in quegli anni e per quegli avvenimenti, sia le donne che manifestavano sia le forze dell’ordine non “gradivano” molto essere riprese.
Perciò, tra uno scatto e l’altro, tenevo la mia pesante Nikon nascosta dentro la borsa a tracolla. Le immagini raccolte in questo libro sono quasi tutte quelle foto. Io preferisco chiamarle “documenti d’archivio” perché, a guardarle ora, dopo che hanno subito, a causa di traslochi, polvere e umidità, le trovo provate dal tempo, dai 25 anni e più che sono trascorsi; ma, nonostante molte imperfezioni e qualche sgranatura, penso che possano dare una prima testimonianza di quei momenti. E forse, guardandole, a qualcuna (di noi) che ha vissuto quegli avvenimenti farà sentire un pizzicore dentro…
Ora, al posto della vecchia Nikon F, che non ho mai sostituito e con cui faccio le mie foto più creative, tengo sempre nella borsa una macchina fotografica più piccola, leggera e compatta, una veloce “autofocus” con la quale scatto altri, nuovi “documenti fotografici” agli incontri e ai dibattiti dove ritrovo molte di quelle “ragazze di ieri”, ancora impegnate, ancora determinate e che vedo ancora più belle di allora.
Il femminismo continua a “donarci”.
Introduzione agli interventi di Anna Maria Zanetti
Storie di vita raccontate con linguaggi diversi ma provviste dello stesso denominatore comune: l’incontro con il femminismo, una “corrente impetuosa” che ha trasformato irreversibilmente l’esistenza delle donne che si raccontano negli interventi che seguono.
Dalla loro lettura risulta un ritratto vivido della generazione femminile degli anni settanta, di com’era ma anche di com’è oggi. Infatti è chiaro in tutti i racconti, pur nella differenza degli accenti e delle esperienze, che quell’incontro ha agito positivamente in tutte. Il guadagno ottenuto con quell’esperienza è ancora ben riconoscibile nell’impronta di autonomia e di libertà di pensiero che ha la loro vita e in una consapevolezza di sé che non trova riscontro nelle generazioni precedenti. Ognuna parla di sé a suo modo.
Virginia Baradel ripercorre un episodio particolare, un viaggio a Roma che diventa iniziazione esistenziale e politica, scoperta di un legame tra arte e femminismo che rimarrà poi cifra costante (“far convivere Donatello e Germaine Greer”). Flavia Busatta rievoca una manifestazione del femminismo padovano della quale vengono riproposte, con un linguaggio colorito e avvincente, azioni, tensioni, pensieri e situazioni sia “prima” che “durante” l’avvenimento. Lucia Basso, Giuliana Beltrame, Alisa Del Re raccontano i loro percorsi ventennali di impegno personale e politico, che hanno preso corpo con il femminismo e sono proseguiti costantemente dentro la cultura e la politica delle donne. Sandra Busatta tratteggia con amore le figure, originali ed intense, dei genitori colti in alcuni momenti del rapporto combattuto e dialettico con le figlie. Daria Martelli narra, con uno stile raffinato, la sua difficile scelta di “jeune fille rangée”, al bivio tra femminismo intellettuale e impegno concreto nella politica del movimento delle donne. Maurizia Rossella ambienta la sua presa di coscienza femminista nel profondo centro del Veneto, a Schio, dove descrive ragazze “serissime e convinte di ciò che stavamo facendo, sempre sulla difensiva e pronte a rintuzzare” e Maria Luisa Biancotto elenca i temi, gli appuntamenti, i programmi di cui si discuteva all’interno del suo collettivo dal 1974 al 1976 per ricavarne una lettura politica e simbolica.
Non sono racconti “rose e fiori”. In queste testimonianze c’è il riconoscimento di ombre e limiti del femminismo, c’è la coscienza che tante speranze non sono state realizzate e che per le donne non tutto è risolto, anzi, i pericoli sono tuttora molto presenti. “Siamo sempre streghe, la guerra contro le donne non è affatto finita” mette in guardia Sandra Busatta raccontando un episodio recente, avvenuto l’8 marzo 2000 che rivela la misoginia che continua a esistere un po’ dovunque, sotto una ingannevole patina “politically correct”. Biancotto sottolinea le lotte del femminismo che hanno portato a conquiste importanti che però sono “ben poca cosa” rispetto a ciò che si era prefissato (vale a dire cambiare il mondo, cambiare la testa della gente). Daria Martelli riflette sul fatto che i bilanci esistenziali delle “ragazze di ieri” non risultano sempre positivi perché oggi le donne di quella generazione si ritrovano non raramente in “condizioni tipicamente femminili” (ad esempio costrette ancora a un lavoro di cura, in mancanza di servizi e strutture sociali adeguate, per assistere famigliari anziani e/o disabili senza che – ancora una volta – tale lavoro sia riconosciuto e aiutato) contro le quali avevano lottato ma con l’aggravante di una nuova consapevolezza esistenziale, di nuovi strumenti culturali e sociali, di nuove aspettative verso la vita che fa “acuire la loro insoddisfazione”.
Pure, in tutte le testimonianze, si respira la tranquilla fierezza di aver fatto parte del movimento delle donne. L’evento è ormai oggettivamente distante ma “ricordo con molto piacere quel tempo anche se sembra passato un secolo” scrive Lucia Basso. Quell’avventura personale e politica viene definita in modi differenti: secondo Biancotto è stata una “traversata verso il cammino dell’identificazione”; Flavia Busatta la ricorda come “una risata di gioia che ancora echeggia nella mia mente” mentre la sorella Sandra asserisce “non volevo più essere un uomo ma avere il potere di cui godevano i maschi” aggiungendo “sentivamo di poter aspirare alle stelle”; per Alisa Del Re, è stata una “presa di coscienza” che è partita “dal parlare dei propri figli e non di rivoluzione, del proprio corpo perché stanche che ne parlino gli altri” e Daria Martelli la echeggia come “esperienza straordinaria per intensità e tensione ideale…considero una fortuna averla fatta, mentre altre donne la perdevano”; Maurizia Rossella invece spiega che il femminismo le ha dato “senso di appartenenza, affetto per le amiche, forza di andarsene dal paese”.
L’esperienza attiva, vissuta in prima persona, nel movimento delle donne viene così serenamente rivendicata e testimoniata come lascito che prosegue, senza soluzione di continuità, nella vita di tutte, come vitalità individuale nient’affatto perduta ma che si nutre ancora dei frutti maturati al sole di quella stagione. “Il mio cammino nel femminismo continua” – afferma Lucia Basso sottolineando anche come “l’esperienza del femminismo mi ha consentito di essere ‘sentinella’ dei valori di cui le donne sono portatrici”; Giuliana Beltrame spiega che ora “abbiamo le parole per dirlo, ci vuole solo un po’ di fiducia in noi stesse” e che, nello stesso tempo “ora possiamo permetterci di giocare a tutto campo”; il ritrovarsi fra vecchie amiche femministe è per Biancotto “una gioia che sigla tappe nuove” mentre Del Re conferma che è proprio “la consapevolezza di oggi che mi rende fiera delle mie scelte di ieri”. E c’è anche la spiritosa e penetrante conclusione di Maurizia Rossella che, a chiusura della sua testimonianza, scrive “ho 50 anni, sono sana, bella e intelligente… e questo anche perché sono stata femminista e non ho mai smesso di esserlo”.
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