UN FARD ROSSO ARANCIO
Edizione del Leone 1997
Poesia
Recensioni
ALBINO PALMA
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Le brevi composizioni poetiche che ci presenta Luccia Danesin sono quasi scatti fotografici sui momenti dello spirito (l'autrice è anche illustre fotografa). L'ansia di rendere la pienezza spirituale spinge la Danesin a scavare nelle parole, a denudarle di inutili paludamenti, a riscoprirle nella loro capacità evocativa di significati estranei al linguaggio comune. Stesso impegno avverte nel comporle, cioè nel legarle, perché ognuna si sacrifichi all'altra e nello stesso tempo prenda forza dall'altra. Alla pienezza significante partecipa in modo inseparabile l'elemento musicale, che induce lo spirito del lettore ad aprirsi affettivamente al brulichio delle pulsioni che il testo emana.
È poesia provocata e sostenuta da grande vitalità affettiva, dove traspare la pena del divario tra sogni e realtà, ma anche un istinto a tendere ad im approdo che in qualche modo concili con la vita. E forse quest'ultimo è il desiderio di calore umano, di condividere con le persone care le vicende dell'esistenza, per scoprire un qualche cantuccio che temperi l'inquietudine.
È poesia provocata e sostenuta da grande vitalità affettiva, dove traspare la pena del divario tra sogni e realtà, ma anche un istinto a tendere ad im approdo che in qualche modo concili con la vita. E forse quest'ultimo è il desiderio di calore umano, di condividere con le persone care le vicende dell'esistenza, per scoprire un qualche cantuccio che temperi l'inquietudine.
CARMELO DEPETRO
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La poesia di Luccia Danesin si distingue per una caratteristica molto importante: la poetessa sa cogliere ed accostare contrasti arcani con originalità d'immagine ed essenzialità di parole. Un esempio a pag. 15; "Nel fresco cortile notturno | il pozzo del tempo | matura le sue lune". In un lampo, racchiuso l'inesorabile. incessante scorrere del tempo. che si perde in un "pozzo", il suo ripetersi echeggiato in un verbo."matura", come la sensazione della sua luce. "le sue lune". ma di una luce estranea e vaga, fredda.
.L'atmosfera pare che voglia nascondere un'assenza."quell'amore" iniziale del titolo. Questo, "Anni di mandorle amare, amore", all'inizio sembra riferirsi a qualcosa di lontano e poi conclude il suo ritmo discendente con un vocativo che si traduce in confessione, "amore". Bastano pochi versi per far poesia. La stessa condizione sì riscontra a pag. 20 in un componimento molto breve, nel quale le immagini esterne bastano a coeliere il mondo interiore: "Giorno disciolto | lampi di calura. || In lontananza trascina il suo lamento | un'auto che corre all'ospedale".
"Asolo" non è una descrizione di luoghi esterni, ma indicazione di immobile staticità. che si riferisce sempre all'intima condizione della poetessa; "Un'ombra lenta | sfogliando ci dischiude | il lato della morte | che non fa paura". Da qui la conclusione: "così, tutto – niente muta. | ma nutrimento ogni silenzio | ogni parola". C'è la dolcezza, ma c'è il veleno sottile della morte lenta attraverso una sensazione già indicata alla inizio; "Il tempo in questo luogo lascia | un senso di arcano esaurimento". La memoria, che racchiude emozioni antiche, trasfigura la realtà per mezzo delle immagini. come nella poesia a pag. 16; "Difesa da antiche carezze, | nel mio stagno ritrovo | tramonti di lune". Anche il paesaggio e l'azione sono occasioni per mettere a nudo abitudini e mondo interiore. Ad esempio, a pag. 30. "Primavera qui | i viottoli si concedono asciutti | al passo solitario che compie | il rituale consenso del tempo".
Altra caratteristica è quella di attribuire alle cose inanimate della natura una delicatissima sensibilità, interiore: "lacrimae rerum". Ad esempio, dopo la vendemmia le vigne sono state "derubate di ogni frutto. || E il sole, con dita leggere, | consola tutte quelle madri". Allo stesso modo, nella poesia successiva. ."La domenica si assopisce | tra le mani inerti".
La stessa cadenza ritmica di "E il sole" e lo stesso bisogno di penetrare all'interno attraverso le immagini di una realtà esterna si hanno nella poesia a pag. 42, "Un mare accerchia". per rappresentare il quotidiano avvilito nella noia; solo le parole hanno una funzione salvifica; "E le parole | come pietre | a guadare il giorno". Allo stesso modo; nella poesia a pag. 44: "Nell'incostanza | dal greto sassoso, | s'alza e s'arruffa l'acqua – | quasi a sedurre il ciotto"
Non mancano tentativi di sperimentazione orfica, come a pag. 45. "unico il cerchio | magico e perfetto | in dignità" oppure nell'ultima poesia con cadenza simile; "Ore (come denti affilati) | staccano un minuto. || Era".
Chiude il volumetto una nota della poetessa che confessa la sua passione per la fotografia e per la poesia. Nota lineare nella compostezza, più utile di una prefazione, per conoscere meglio la sua sensibilità.
.L'atmosfera pare che voglia nascondere un'assenza."quell'amore" iniziale del titolo. Questo, "Anni di mandorle amare, amore", all'inizio sembra riferirsi a qualcosa di lontano e poi conclude il suo ritmo discendente con un vocativo che si traduce in confessione, "amore". Bastano pochi versi per far poesia. La stessa condizione sì riscontra a pag. 20 in un componimento molto breve, nel quale le immagini esterne bastano a coeliere il mondo interiore: "Giorno disciolto | lampi di calura. || In lontananza trascina il suo lamento | un'auto che corre all'ospedale".
"Asolo" non è una descrizione di luoghi esterni, ma indicazione di immobile staticità. che si riferisce sempre all'intima condizione della poetessa; "Un'ombra lenta | sfogliando ci dischiude | il lato della morte | che non fa paura". Da qui la conclusione: "così, tutto – niente muta. | ma nutrimento ogni silenzio | ogni parola". C'è la dolcezza, ma c'è il veleno sottile della morte lenta attraverso una sensazione già indicata alla inizio; "Il tempo in questo luogo lascia | un senso di arcano esaurimento". La memoria, che racchiude emozioni antiche, trasfigura la realtà per mezzo delle immagini. come nella poesia a pag. 16; "Difesa da antiche carezze, | nel mio stagno ritrovo | tramonti di lune". Anche il paesaggio e l'azione sono occasioni per mettere a nudo abitudini e mondo interiore. Ad esempio, a pag. 30. "Primavera qui | i viottoli si concedono asciutti | al passo solitario che compie | il rituale consenso del tempo".
Altra caratteristica è quella di attribuire alle cose inanimate della natura una delicatissima sensibilità, interiore: "lacrimae rerum". Ad esempio, dopo la vendemmia le vigne sono state "derubate di ogni frutto. || E il sole, con dita leggere, | consola tutte quelle madri". Allo stesso modo, nella poesia successiva. ."La domenica si assopisce | tra le mani inerti".
La stessa cadenza ritmica di "E il sole" e lo stesso bisogno di penetrare all'interno attraverso le immagini di una realtà esterna si hanno nella poesia a pag. 42, "Un mare accerchia". per rappresentare il quotidiano avvilito nella noia; solo le parole hanno una funzione salvifica; "E le parole | come pietre | a guadare il giorno". Allo stesso modo; nella poesia a pag. 44: "Nell'incostanza | dal greto sassoso, | s'alza e s'arruffa l'acqua – | quasi a sedurre il ciotto"
Non mancano tentativi di sperimentazione orfica, come a pag. 45. "unico il cerchio | magico e perfetto | in dignità" oppure nell'ultima poesia con cadenza simile; "Ore (come denti affilati) | staccano un minuto. || Era".
Chiude il volumetto una nota della poetessa che confessa la sua passione per la fotografia e per la poesia. Nota lineare nella compostezza, più utile di una prefazione, per conoscere meglio la sua sensibilità.
MARIO STEFANI
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La Danesin, confessa in una nota nutrita, alla fine del libro, che ha sempre "cercato la scrittura (poi la fotografia), come esigenza emotiva per dare forma a questo flusso che altrimenti andava confondendosi, ad appiattirsi fra i tanti altri frammenti quotidiani". I motivi della sua poesia sono quelli di sempre (né se ne possono inventare di nuovi), ma sono vissuti e descritti con animo puro, sgombro da influenze letterarie che appesantirebbero il discorso, lo renderebbero più riconoscibile negli ascendenti e nei legami di parentela. La poesia e la fotografia, sono per la Danesin il tentativo di fermare il tempo, di possedere per sempre i ricordi, di catturarli, di dimenticare la loro intrinseca caducità. Nella "poesia per Chiara", la poetessa annota felicemente: "Il sole inonda il giardino, | sul filo passeri arruffati | si fanno confidenze.|| Lasciavi riccioli di rame | e ciglia sospettose || Filigrane, gocce | di pensieri, e anni | e sere chiare sono qui | non attese || ad insediare il cerchio | dove son racchiusi i fuochi".
L'essenzialità è il dono più vistoso della Danesin, la sua concisività. A volte c'è un grido penniano, puro e preciso: "Ma io voglio la mia luna", altre volte ferma nell'attimo una sensazione: "e m'entri così | assieme alla notte | il suo respiro". E più avanti, con saggezza dirà: "Nel fresco cortile notturno | il pozzo del tempo | matura le sue lune." Intenso è il suo rapporto con la parola, fatto di sospensioni, di pause accorte, di parole giocate sull'attesa e sui silenzi: "Scherniate tutte le ombre | naufraghi | anneghiamo nella luce.|| Isole sommerse | nello specchio di ogni sguardo."
E uno struggimento tutto particolare, pervade questa intensa, brevissima poesia: "Le rondini a sera | aprono alle stelle | grida nell'azzurro." La Danesin ha una spontanea disposizione al canto, a una poesia non urlata, ma sommessa, e perciò forse per questo motivo, più valida, perchè meno assordante, meno presenzialista, più autentica, come una confessione appena sussurrata per innato pudore o ritrosìa.
L'essenzialità è il dono più vistoso della Danesin, la sua concisività. A volte c'è un grido penniano, puro e preciso: "Ma io voglio la mia luna", altre volte ferma nell'attimo una sensazione: "e m'entri così | assieme alla notte | il suo respiro". E più avanti, con saggezza dirà: "Nel fresco cortile notturno | il pozzo del tempo | matura le sue lune." Intenso è il suo rapporto con la parola, fatto di sospensioni, di pause accorte, di parole giocate sull'attesa e sui silenzi: "Scherniate tutte le ombre | naufraghi | anneghiamo nella luce.|| Isole sommerse | nello specchio di ogni sguardo."
E uno struggimento tutto particolare, pervade questa intensa, brevissima poesia: "Le rondini a sera | aprono alle stelle | grida nell'azzurro." La Danesin ha una spontanea disposizione al canto, a una poesia non urlata, ma sommessa, e perciò forse per questo motivo, più valida, perchè meno assordante, meno presenzialista, più autentica, come una confessione appena sussurrata per innato pudore o ritrosìa.
MAURIZIA ROSSELLA
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La raccolta di poesie di Luccia Danesin Un fard rosso arancio appena uscita per le Edizioni del Leone di Venezia si chiude con una "Nota" (che altro non è se non una dichiarazione di poetica) in cui l'autrice rende conto del suo scrivere. "Ho avuto fin da bambina – spiega – un continuo colloquio con me stessa e, nella cornice del silenzio, ho sempre cercato la scrittura (poi la fotografia), come esigenza emotiva per dare forma a questo 'flusso' che altrimenti andava a confondersi, ad appiattirsi fra i tanti frammenti quotidiani.'
Poeta e fotografa è l'autrice. Ma se nelle fotografie cerca il dettaglio ingrandito di un fiore, come quello rossoarancio riprodotto in copertina a sottolineare il titolo del libro, Luccia nelle poesie cerca di rendere gli attimi dell'intermittenza del pensiero che lei lascia scorrere, inframmezzando i non detti e gli accenni con puntini di sospensione, come se volesse dire e non dire, lasciando al testo poetico e a chi lo legge il compito di svelarne o completarne il significato:
Non ho quelle parole con amore e sempre ci gioco - la sera - con mia figlia solamente.
Presenze discrete sono la figlia e la madre, figure comunque accennate non interlocutrici, simboli di sicurezza affettiva ma anche, come dimostrano le due intense composizioni sulla tomba della madre morta, del dolore del distacco. La tragedia della perdita, resa metaforicamente dal buio della notte, è spesso mitigata dai “richiami di luce” delle stelle e della luna o da pennellate azzurro chiaro. La vita esterna della città incombe tutt'intorno, ma da lontano, col richiamo della sirena di un'ambulanza, ma soprattutto con la rassicurante presenza di piccoli animali: lucciole e rane, passeri e rondini nel giardino e nel cielo. Anche il gelo dell'inverno è mitigato da “viole, crochi/ e qualche gracile pansé”. Ovunque le composizioni riportano al silenzio, oltre il rumore e le grida. Una sola, la piú sperimentale, intitolata "Pizza" - si azzarda a portarci tra “voci, risate, / emozioni raccolte in bocconi” e a concludere in due diverse pagine la risoluzione finale basata sul gioco di parole:
Con forchetta e coltello, ho fatto punte di lancia del mio cerchio di pane. ...piccola, invitante esca al termine di un aguzzo ‘amo’...
Così questo primo libro di poesie di Luccia Danesin si pone come la prima pietra di quelle che, disposte una dopo l’altra sul greto di un torrente, si chiamano ‘pietre di passo’ e consentono di attraversare l’acqua: piano piano, in equilibrio e in silenzio.
Poeta e fotografa è l'autrice. Ma se nelle fotografie cerca il dettaglio ingrandito di un fiore, come quello rossoarancio riprodotto in copertina a sottolineare il titolo del libro, Luccia nelle poesie cerca di rendere gli attimi dell'intermittenza del pensiero che lei lascia scorrere, inframmezzando i non detti e gli accenni con puntini di sospensione, come se volesse dire e non dire, lasciando al testo poetico e a chi lo legge il compito di svelarne o completarne il significato:
Non ho quelle parole con amore e sempre ci gioco - la sera - con mia figlia solamente.
Presenze discrete sono la figlia e la madre, figure comunque accennate non interlocutrici, simboli di sicurezza affettiva ma anche, come dimostrano le due intense composizioni sulla tomba della madre morta, del dolore del distacco. La tragedia della perdita, resa metaforicamente dal buio della notte, è spesso mitigata dai “richiami di luce” delle stelle e della luna o da pennellate azzurro chiaro. La vita esterna della città incombe tutt'intorno, ma da lontano, col richiamo della sirena di un'ambulanza, ma soprattutto con la rassicurante presenza di piccoli animali: lucciole e rane, passeri e rondini nel giardino e nel cielo. Anche il gelo dell'inverno è mitigato da “viole, crochi/ e qualche gracile pansé”. Ovunque le composizioni riportano al silenzio, oltre il rumore e le grida. Una sola, la piú sperimentale, intitolata "Pizza" - si azzarda a portarci tra “voci, risate, / emozioni raccolte in bocconi” e a concludere in due diverse pagine la risoluzione finale basata sul gioco di parole:
Con forchetta e coltello, ho fatto punte di lancia del mio cerchio di pane. ...piccola, invitante esca al termine di un aguzzo ‘amo’...
Così questo primo libro di poesie di Luccia Danesin si pone come la prima pietra di quelle che, disposte una dopo l’altra sul greto di un torrente, si chiamano ‘pietre di passo’ e consentono di attraversare l’acqua: piano piano, in equilibrio e in silenzio.
IL LIBRO
UN FARD ROSSO ARANCIO
di Luccia Danesin
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